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Tartufi

PANORAMICA

Tuber Magnatum Pico (tartufo bianco)
Tuber Melanosporum Vitt. (tartufo nero pregiato)
TUBER MACROSPORUM VITT. (tartufo nero liscio)
TUBER MESENTERICUM VITT.(tartufo nero ordinario)
TUBER BRUMALE VITT.(tartufo nero d’ inverno o trifola nera)
Tuber Uncinatum Chatin (tartufo uncinato)
Tuber Borchii Vitt, o Tuber Albidum Pico (tartufo bianchetto)
Tuber Aestivum Vitt (tartufo d’estate o scorzone)
TUBER BRUMALE VAR. MOSCHATUM DE FERRY (tartufo moscato)

Tipologie e gusti del Tartufo

Parlando del tartufo, sotto l’aspetto culinario è doveroso e fondamentale dividerlo in varie tipologie. Per ogni varietà di tartufo, poi, risulta un fattore importantissimo l’andamento stagionale che al suo variare dà origine, anche sul medesimo terreno, a prodotti diversi sia sotto l’aspetto organolettico che sotto l’aspetto morfologico e chimico.

Il tartufo è stato classificato come fungo (ipogeo) della classe degli “ascomiceti” che vivono in simbiosi “micorrizica” con determinate piante superiori. Come tutti i funghi, anche i tartufi, hanno la mancanza assoluta di clorofilla e, di conseguenza, non potendo elaborare la sostanza organica necessaria al loro sviluppo la traggono da altri organismi. Così facendo il tartufo diviene “parassita saprofito” di arbusti e piante e con esse viene a creare una simbiosi, perchè entrambi traggono vantaggio dalla loro unione. Con questo fenomeno si crea la “micorrizia”, che è l’insieme delle radici invase dal micelio. La micorrizia a sua volta può essere “ectotrofica” o “endotrofica”. Si chiama ectotrofica quando le ife fungine penetrano negli spazi “intercellulari” dei primi strati corticali ed endotrofica, quando le ife fungine penetrano in profondità all’interno delle cellule e quindi sono “intracellulari”. Il tartufo ha un corpo vegetativo, cioè il micelio, formato da un grande numero di filamenti intrecciati detti “ife”. Dalle ife, tramite il micelio, si formano dei corpi detti “ascomi”, corpi rotondeggianti di varia grandezza , colore e profumo in base alla pianta simbionte . L’ascoma (tartufo) è ricoperto da una scorza o “peridio” , rugosa o liscia, giallastra o nera. La polpa , la parte interna del tartufo, più precisamente chiamata “gleba”, è carnosa di vario colore dal bianco al marrone, al grigio, al nero violaceo, talvolta rosea o macchiata di rosso vivo sfumato in base della specie fungina e del grado di maturazione e della pianta simbionte. La gleba è solcata da fasci di filamenti miceliari chiari, più o meno spessi, ricchi di succhi, che circoscrivono le zone fertili chiamati “aschi” contenenti una o più spore di forma e misure variabili a seconda della specie.

Le spore o meglio chiamate “ascospore” sono gli organi riproduttori della specie e tramite esse è possibile individuare il sesso. Quando il tartufo è ancora giovane, si distinguono nella “gleba” o polpa del tartufo cellule femminili (oogoni), e cellule maschili (anteridi). Dalla fecondazione di questi ha origine il giovane “asco” . Il terreno gioca un ruolo molto importante per la vita e lo sviluppo dei tartufi, va da se, che ogni specie di tartufo ha una tipologia e struttura scheletrica del terreno preferenziale.

Esistono altri tartufi eduli, raccolti in zone particolari che possiedono qualità organolettiche notevolmente inferiori a quelli menzionati ma che vengono spacciati per quest’ultimi da persone o da aziende senza scrupoli. Vogliamo con questo allertare il consumatore perchè sebbene detti tuberi siano apparentemente simili nell’aspetto al tartufo e che in alcuni casi possano essere considerati commestibili, in altri casi non lo sono affatto, anzi, possono essere capaci di provocare disturbi più o meno gravi, fino ad arrivare a dare effetti d’avvelenamento.

Da testimonianze storiche, sembra che il tartufo abbia lontanissime origini, infatti reperti archeologici risalenti al 3.000 anni a. C. proverebbero che i Babilonesi conoscevano già questo preziosissimo tubero, proveniente dall’Asia Minore. Altre testimonianze risalenti al 2.600 anni a.C. ci informano che il faraone Cheope amava degustare il tartufo. Nel vecchio testamento, tramite Giacobbe (1.600 a.C.) sappiamo, che era una pietanza particolarmente ricercata. Nel IV secolo a.C. Aristotele e Teofrasto e più tardi Pitagora, degustavano vivande a base di tartufo. Nell’antica Roma, durante il periodo di massimo spendore dell’Impero Romano, questa pietanza era presente sulla tavola in modo predominante, tanto da dedicarlo alla dea dell’amore Venere. Durante il periodo del cristianesimo, il Vescovo Ambrogio di Milano (339-397 d.C.), tra i molti piatti che lo stesso preferiva degustare pare che spiccassero tra tutti quelli a base di tartufo. Arrivati al 1.200-1.300 il poeta Francesco Petrarca ne fa menzione nel IX sonetto delle rime. Nel rinascimento una delle amanti più note di questo tubero, fu Lucrezia Borgia.

Nel 1831 Carlo Vittadini pose le basi per lo studio moderno del tartufo con la sua “monographia tuberacearum”, che ancora oggi porta il suo nome e che resta uno dei riferimenti basilari di questo prezioso tubero. Con il XX secolo, si raggiunge la massima diffusione del tartufo e acquista l’appellativo di “signore delle mense” e se ne parla mensionandolo come raffinatissimo tubero che sposa vivande delle cucine più esigenti e raffinate, dalle caratteristiche straordinarie, dai profumi inebrianti e dai sapori decisi, che oggi più che mai deve essere presente sulle tavole di tutti quelli che sono alla ricerca della vera soddisfazione dei sensi.

L’Azienda Agraria “Tartufi del Castello” di Brama Gian Paolo, è dislocata nei comuni di Sellano, Cascia, Norcia e Trevi, zone queste, ove si possono trovare svariate specie di tartufi.

La ricerca e la raccolta dei tartufi avviene assolutamente con l’ausilio del cane, considerando le condizioni climatiche e le fasi lunari. Necessario e doveroso è il ripristino del terreno di scavo dopo aver estratto il tartufo, in modo da non arrecare danno alle tartufaie. Inoltre la raccolta dei tartufi è consentita esclusivamente con l’impiego del “vanghetto” o “zappetto” aventi la lama di lunghezza non superiore a 15 cm e larghezza in punta non superiore a 8 cm. La ricerca e la raccolta dei tartufi sono vietate durante le ore notturne, da mezz’ora dopo il tramonto a mezz’ora prima della levata del sole ed è severamente vietato raccogliere tartufi immaturi ed avariati. L’Azienda Agraria “Tartufi del Castello”, lavora altri tipi di prodotti quali olio d’oliva extra vergine, legumi, cereali, zafferano, funghi spontanei fatta di porcini, del genere boletus-aereus, boletus-edulis e boletus-aestivalis, e di prataioli e turrini del genere agaricus-campestris, agaricus-arvensis e agaricus-macrosporus.